Venerdì è arrivato, a mercati chiuso, il giudizio di Moody’s: come previsto, il giudizio della quarta e ultima società di rating chiamata a dire la sua, ha confermato il rating sul Debito (Baa3), ma ha, quasi inaspettatamente, migliorato l’outlook, riportandolo da negativo a stabile. A dettare la decisione diversi elementi: il miglioramento della salute del sistema bancario e delle prospettive di crescita di medio-lungo termine grazie agli avanzamenti del PNRR, nonché i diminuiti rischi per quanto riguarda le forniture energetiche, grazie alla ampia diversificazione nelle fonti di approvvigionamento. Attenzione, però, a non farsi prendere da facili entusiasmi: le problematiche, non poche, sono infatti lontane dall’essere risolte. Né eventuali bracci di ferro con l’Europa possono aiutare: negoziare, soprattutto laddove le problematiche sono condivise e non riguardano solo il nostro Paese, è corretto, un po’ meno “alzare la voce” partendo da una posizione di debolezza e pretendere che siano gli altri a “toglierci le castagne dal fuoco”.
Da un punto di visto di “semplici numeri” (si fa per dire) rimane il tema del debito pubblico: una “pressione” sulla nostra economia che “pesa”, quest’anno, circa il 140% sul PIL (139,8%, per l’esattezza), che, secondo le previsioni UE, non solo non diminuirebbe nel prossimo biennio, ma crescerebbe sino al 140,9%. Con l’aggravante che, tornando l’inflazione verso il tanto agognato “target” (2%), il suo effetto positivo (forse l’unico: l’aumento dei prezzi, infatti, farebbe diminuire il peso “del debito”, rimanendo il rimborso dei titoli pubblici ancorato al valore di rimborso, con la differenza che il prezzo di 100 oggi “vale meno” di quello di 1 o 2 anni fa).
Ma da qui a fine anno non si può certo dire che la strada, per il nostro Esecutivo e per il nostro Paese sia in discesa. I giudizi, infatti, non sono ancora finiti.
In questi giorni è atteso, infatti, il giudizio della Commissione europea sulla nostra Legge di Bilancio. Indubbiamente, il fatto che tutte le società di rating abbiano confermato i loro pareri può essere beneaugurante. Senza dubbio, soprattutto quello di Moody’s (il più ricco di insidie, visto che era l’ultimo livello “prima del baratro”) qualche beneficio dovrebbe portarlo: già oggi potremmo averne contezza, con lo spread che potrebbe ulteriormente “restringere” il gap con il bund tedesco. Aspetto questo che un certo impatto lo avrebbe sulla manovra, non andando ad aggravare il “peso” del costo degli interessi, ma, anzi, permettendo di “ritagliare” qualcosa.
I problemi veri potrebbero invece arrivare non tanto dai “conti”, quanto, piuttosto, dalle discussioni in corso con l’Europa sulle “regole”. Due, più di altri, sembrano essere i temi “ostici”.
Il primo, il più urgente da un punto di vista di “calendario”, vista la necessità di trovare un accordo entro il prossimo 8 dicembre, data in cui si riunirà nuovamente il Consiglio Ecofin, che siede i 27 Ministri delle Finanze dei Paesi Membri, è quello relativo al Patto di Stabilità. La Spagna, in qualità di Presidente di turno della Commissione, ha presentato una sua proposta che media quella di Francia e Germania, che risulterebbe più favorevole per quei Paesi, come il nostro, per i quali il rispetto dele regole attuali (rientro entro il 60% del rapporto debito/PIL con il deficit annuale che non può superare il 3% del PIL). Ma l’Italia, a quanto pare, non ne vuol sentir parlare, dichiarando, piuttosto che accettarle, di voler rimanere al vecchio statuto.
Altro tema scottante è il MES, il ben noto “Meccanismo di salvaguardia” degli Stati, la cui riforma deve entrare in vigore nel 2024 e per il quale siamo rimasti l’unico Paese a non averlo ancora ratificato, bloccando, di fatto, la sua applicazione per tutti i Paesi che, invece, hanno già provveduto ad accettarlo. Ponendoci, quindi, in una posizione alquanto sgradevole, isolandoci in Europa ed offuscando non poco la nostra immagine.
Ma l’elenco non finisce qua. Rimane, infatti, sempre attuale il PNRR, con sul tavolo ancora 144 target da rivedere e/o discutere, a cui sono legati i miliardi delle future tranche. E poi arrivano a scadenza anche le concessioni balneari: dal 1 gennaio 24, infatti, l’Italia dovrà adeguarsi alla normativa europea in tema di “concorrenza”: dopo quasi 20 anni la direttiva Bolkestein (risale al 2006) dovrà trovare applicazione, ma l’accordo, a quanto pare, è lontano dall’essere trovato.
Quindi, ancora una volta, “palla lunga e pedalare”, che il tempo di cantare vittoria non è ancora arrivato.
Inizia una settimana che sarà contraddistinta dal thanksgivig (giovedì), che condizionerà in qualche modo i mercati statunitensi, con scambi ridotti già in questi giorni.
Intanto in Asia gli indici dimostrano un buono stato di salute.
A Tokyo, per quanto alla fine si stia andando verso una chiusura leggermente negativa, il Nikkei ha toccato i massimi da 23 anni.
A Hong Kong l’Hang Seng sale di oltre l’1,55%, mentre Shanghai è positiva per lo 0,46%.
Contrastati i futures: leggermente negativi quelli USA, mentre l’Eurostoxx è frazionalmente positivo.
Inizio settimana tranquillo per le commodities.
Il petrolio sale dello 0,70%, con il WTI a $ 76,64.
Gas naturale Usa a $ 2,886, – 2,74%.
Oro a $ 1.982, -0,21%.
Apre, come previsto, in ribasso lo spread, che scende verso i 170 bp (172,1).
BTP che riparte da 4,35%.
Bund a 2,58%,
Treasury USA 4,45%.
Debole il $, che si avvicina a 1,10 vso € (1,0918).
Bitcoin a $ 37.145, leggermente debole dopo un fine settimana che ha visto le quotazioni tornare verso l’alto.
Ps: è noto che “amiamo guardare le stelle”. E, con la fantasia, andare anche oltre. Ma l’occhio umano ha, in questa ricerca, limiti evidenti. In qualche modo, peraltro, il nostro desiderio di “cercare nell’universo” deve essere perseguito. In soccorso potrà venirci, dal 2028, il telescopio Elt (Extra large telescope): una costruzione alta più di 40 mt e del diametro di 300, che sarebbe in grado di contenere 2 Colossei, con una lenta di 39 mt di diametro, con un “allineamento” tra i vari segmenti, in grado di renderla omogenea, di 0,00000001 m (10.000 volte più sottile di un capello): se osservasse un punto preciso sulla Luna, il livello di errore non arriverebbe neanche a 2 mt. Il tutto alla modica cifra di $ 1,5 MD.